Sergio Ferraris, giornalista scientifico e ambientale, sostiene in un articolo recente che l’economia circolare è sia necessità sia opportunità e può fare anche di più: dare una mano alla politica a risolvere un conflitto, evidente in Italia tra ambiente e sociale, due istanze che fino a ora sono contrapposte e tra le quali c’è anche un muro di carattere culturale.
Concetti chiave:
1) Oltre la materia -> la concezione degli oggetti
2) Verso la condivisione -> Simbiosi industriale.
Quanto espone è convincente e condivisibile. Vale la pena quindi riportare un estratto del suo scritto. Partiamo dall’Italia: il nostro Paese secondo Ferraris sul fronte dell’economia circolare potrebbe essere in pole position a guardare il tasso di riciclo dei materiali presenti nei rifiuti che è l’80% per la carta, il 73,4% per l’acciaio, il 71% per il vetro e il 75% per l’alluminio. Sull’alluminio siamo terzi al Mondo, dopo Stati Uniti, Giappone. Il 100% dell’alluminio prodotto in Italia, proviene dal riciclo. Sugli oli minerali usati siamo i primi nel mondo, tasso di riciclo del 98%, e possediamo una tecnologia che “insegniamo” ai cinesi.
Cosa manca quindi? Da parte della politica anche quella europea, cita l’articolo, si registra una visione “vecchia”, che punta quasi esclusivamente sui rifiuti che sono importanti, ma le aziende che stanno facendo economia circolare sono già più avanti. Mentre la politica è ancorata alla prima metà della soluzione del problema il downcycling, (ottenere dai rifiuti una materia prima/seconda di qualità inferiore a quella vergine), crescono le imprese che sono impegnate nell’upcycling ossia nell’ottenere materia prima/seconda di qualità superiore o uguale, producendo valore ed economia e sviluppo sostenibili e circolari. Un esempio? La Favini è una cartiera storica del Veneto e da oltre venti anni “contamina” le fibre di carta con altri materiali (non li chiamiamo più rifiuti) aumentandone la sostenibilità e anche il mercato. Oggi Favini è in grado di realizzare carta di pregio con “scarti” arrivando al mercato del lusso. E’ il caso della scatola della nuova linea di champagne biologico di Veuve Clicquot – Naturally Clicquot. Il cartoncino è realizzato al 25% con la vinaccia de-alcoolata residuo della spremitura dell’uva dalla quale si ottiene lo champagne. Il processo di produzione della carta è illustrato su un lato dell’imballaggio in francese e inglese.
La giusta direzione da intraprendere è la simbiosi industriale e lo dimostrano diverse imprese che si sono indirizzate su questo percorso. La First Solar nei laboratori Nrel e grazie alle piattaforme di ricerca pubblica, ha migliorato l’efficienza energetica dei propri pannelli fotovoltaici dal 9 al 22% e ha migliorato l’efficienza dei processi di produzione, abbattendo i costi dei propri prodotti in linea con il resto del fotovoltaico, il 75% in 10 anni. Consentendo la realizzazione di quello che fino all’anno scorso era l’impianto fotovoltaico più grande del mondo, nel sud della California: 550 MWe con 8 milioni di pannelli.
Certo il percorso non è semplice Ma non lo è anche perché bisogna passare dalla logica del segreto industriale a quella della condivisione e, per fare ciò, serve un ruolo importante del pubblico. Serve, specialmente in Italia, dove a fare economia circolare sono PMI, Start Up o al massimo multinazionali tascabili, un forte impulso alla ricerca applicata pubblica che deve essere sui processi, sui prodotti volto sia all’affinamento, sia all’innovazione. Le aziende italiane infatti non si possono permettere investimenti del calibro di quello che sta facendo Stora Enso, la seconda azienda al mondo nella produzione di polpa di cellulosa da legno, che ha realizzato a Stoccolma un laboratorio di ricerca privato sui biomateriale con 30 ricercatori il cui scopo principale è, oggi, trovare un utilizzo che produca valore dalla lignina che è il 30% dello scarto dell’azienda.
Serve dunque, conclude Ferraris, una politica industriale a 360 gradi che guardi al complesso dell’economia circolare, ai contesti economici ed ambientali, come quelli rappresentati dai cambiamenti climatici e dai rifiuti, sviluppando le condizioni necessarie, come quella legata alla ricerca e abbattendo le complessità e le barriere, comprese quelle normative. M. M.
Source: www.sergioferraris.it