Al vaglio del Comune Skyfarm, un nuovo progetto architettonico che mira a combattere lo sfruttamento del suolo grazie alla sostenibilità di una struttura innovativa basata sulla coltivazione acquaponica.
La popolazione mondiale aumenterà a dismisura nei prossimi decenni – fino a 3 miliardi in più entro il 2050 – e presto dovrà far fronte alla scarsità di superfici coltivabili che non saranno in grado di soddisfare una domanda così ampia. Una questione urgente, legata a materie prime indispensabili, che ha bisogno di soluzioni creative. E allora, se il suolo non sarà più sufficiente, perché non provare a coltivare verso il cielo?
Il progetto è elegante, avveniristico e sostenibile, e una prima bozza è stata sottoposta al neo-eletto sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Il Bosco Verticale di Boeri, d’altronde, ha attirato le attenzioni globali dopo aver vinto, tra gli altri, il premio di grattacielo più bello del mondo nel 2015, contribuendo a formare l’immagine di una città sempre più moderna, attenta a mitigazione climatica e surriscaldamento globale, che sembra avere un passo diverso rispetto al resto del Paese.
Così, lo studio architettonico britannico Rogers Stirk Harbour, in collaborazione con Arup, multinazionale ingegneristica con base a Londra, hanno pensato di affiancargli un altro “grattacielo”, inizialmente ideato per essere il portabandiera britannico a Expo 2015 e poi abbandonato per questioni di budget. Questa volta non un condominio, ma una torre di autoproduzione alimentare alta 30 mt che esula dalle dinamiche di sfruttamento del suolo. In parole povere, una fattoria verticale, o, mantenendo la lingua madre ormai accezione di modernità, una Skyfarm.
Nel 2050 circa l’80% delle persone vivranno nei centri urbani, i quali saranno monopolizzati da strutture private volte a soddisfare una densità abitativa senza precedenti. E se lo spazio naturale sarà ridotto ai minimi termini, allora sarà necessario crearne di nuovo. Skyfarm è autosufficiente, priva di additivi chimici e della necessità di ricorrere a una catena di distribuzione per dislocare i prodotti agroalimentari. Tutto si auto-alimenta internamente, grazie a una struttura a strati che rispetta i cicli naturali e si basa sugli ambienti simbiotici dell’agricoltura acquaponica.
Partendo dall’alto, per prima cosa si incontrano le api. Un grande alveare sarà posizionato sopra una vasca d’acqua, adibita alla conservazione di specie ittiche, per consentire la produzione di miele. Al di sotto, seguono due piani di coltivazioni di ortaggi e verdure – pensati per far filtrare la luce naturale o favorire la coltivazione in serra – entrambi separati da altre due vasche di acqua concimata dai pesci in cui i vegetali affondano le proprie radici e ne ricavano nutrimento. Al piano terra, sotto questo duplice strato di natura, il cui spettacolo di colori sarà visibile a occhio nudo perché delimitato da strutture in vetro, i consumatori potranno entrare per acquistare cassette di frutta e verdura prodotte pochi metri sopra le loro teste o per consumare un lauto pasto.
Tutto il progetto architettonico è studiato nei minimi dettagli. La forma, un cono troncato dal profilo cilindrico, è realizzata grazie a speciali tecnologie basate sull’utilizzo di acciaio o bambù, ed è studiata per sfruttare al massimo il potenziale dell’energia rinnovabile grazie a sistemi fotovoltaici ed eolici che saranno posizionati sul tetto. L’uomo torna a interagire con l’ambiente, e lo fa immergendosi in un contesto inglobante e sorprendente dove nulla diventa oggetto di spreco.
L’idea di un’agricoltura verticale, per la verità, non è nuova in Italia. La prima struttura era stata inaugurata proprio a Expo 2015 da Enea, e, anche se non si trattava di un vero e proprio ecosistema, contava coltivazioni di lattuga e basilico basate su sistema idroponico e illuminazione a led ad alta efficienza. Già da i primi risultati, fu evidente come si riuscisse a raddoppiare la produzione delle colture tradizionali risparmiando fino al 95% di acqua.
Skyfarm è un mezzo per portare la natura a conquistare la città, non come semplice elemento co-abitante ma in modo integrato e reciprocamente funzionale: il verde non dev’essere decoro, ma una fonte di benessere. La decisione, ora, spetta al Comune di Milano. Servono fondi da investire, certo, ma serve soprattutto la volontà di dare seguito alle idee alla base di Expo 2015; non per una questione di immagine, ma perché ci si crede veramente.
Source: nonsoloambiente.it