Zero Waste Lazio: centri di riuso per Roma Capitale

In relazione alla recente approvazione della Delibera “Roma verso Rifiuti Zero”, dopo un percorso durato quasi tre anni dall’inizio della raccolta delle firme per quella di iniziativa popolare, riteniamo che la procedura adottata dall’Assessorato Ambiente con un tavolo tecnico di confronto sia un modello di partecipazione e di condivisione del tutto innovativo e mai sperimentato. Il risultato prodotto è una rivoluzione epocale per RomaCapitale dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti sinora monopolizzato da una lobby affaristica che aveva sottomesso la dirigenza di AMA ai suoi interessi e portato la capitale ad essere ripetutamente condannata dalla Corte di giustizia europea. La delegazione tecnica guidata e coordinata da Massimo Piras di Zero Waste Lazio in particolare riteniamo abbia espresso il massimo livello di rappresentatività nazionale di quanto oggi esprime il mondo Rifiuti Zero in Italia, avendo coinvolto l’ESPER diretta da Attilio Tornavacca, la Scuola Agraria del parco di Monza referente tecnico Enzo Favoino, la Cooperativa ERICA con il presidente Roberto Cavallo, il manager Raphael Rossi e due ingegneri esperti del settore rifiuti come Piergiorgio Rosso e Marco Pofi. Si è proceduto quindi all’esame punto per punto di tutta la filiera di gestione dei rifiuti sia dal punto di vista normativo che infrastrutturale rispetto alla fase della riduzione, a quella del riuso e riparazione, a quella del riciclo e del recupero a quella tariffaria ed a quella della partecipazione popolare. In particolare ci siamo soffermati sulla fase della riconversione della raccolta verso il metodo porta a porta, preliminare a qualsiasi approccio Rifiuti Zero stabilendo specifici obiettivi e tempistiche che saranno oggetto di verifica e su quella del riuso e riparazione Su questa seconda fase, che riteniamo sia fondamentale ai fini degli effetti indotti di riduzione dei rifiuti e che è oggi del tutto assente nella gestione dei rifiuti romana, abbiamo proposto di avanzare una formulazione più innovativa rispetto al riuso e riparazione che iniziasse ad attuare l’art. 180 bis del T.U.152/2006 e smi. Ma abbiamo dovuto prendere atto che la posizione degli uffici comunali è stata rigida nel delimitarne le funzioni, in attesa degli specifici decreti ministeriali previsti e tuttora non emanati dal Ministero dell’ambiente, provvisoriamente al solo scambio e donazione di beni in buono stato per finalità di solidarietà sociale, salvo attivare la piena filiera della riparazione e del riutilizzo a fini di sviluppo di attività artigianali ed imprenditoriali che garantiscano l’autogestione e l’autosufficienza generale.

Zero Waste Lazio sostiene la necessità di implementare in questa evoluzione un dibattito pubblico rispetto a nuove forme di gestione dei Centri di riuso comunali che salvaguardino entrambe le modalità e che puntino ad affermare una filiera di nuovi mestieri e nuova occupazione territoriale che ribadisca la finalità di bene pubblico ed escluda in ogni caso forme lucrative con gestioni privatizzate. Pur sostenendo lo sviluppo di ulteriori attività private nel settore del riutilizzo di beni di “seconda mano”, che storicamente sono presenti da anni a Roma non essendo soggette a normative particolari, sottolineiamo che al momento in Italia praticamente tutti i centri di riuso esistenti funzionano in modalità di scambio solidale in forma GRATUITA. Come quello di Capannori che è gestito da una associazione locale e dalla Caritas diocesana o quello di Verona che è gestito dal Comune – da AMIA – dalla Regione Veneto e da altri enti pubblici o quello di S. Benedetto del Tronto che è gestito da una cooperativa sociale locale e coordinata dal Comune – da Picenambiente – in collaborazione con l’Associazione Occhio del riciclone e con la scuola superiore S. Anna di Pisa, o i due centri di riuso gestiti da MarcheAmbiente ad Urbino ed a Pesaro. 
Riteniamo che i Centri di riuso comunali previsti dalla delibera “Roma verso Rifiuti Zero” possano essere in prospettiva utilmente inseriti in progetti di Eco-parchi municipali. Negli Eco-parchi infatti possono coesistere in forma separata sia i centri di raccolta gestiti da AMA che la filiera del riuso e riparazione gestiti da altro soggetto no-profit in cui gestire la filiera di oggetti ricondizionati e tutta una molteplicità di attività collaterali di educazione ambientale, di sviluppo di vecchi e nuovi mestieri, di orti urbani per l’autoproduzione e di attività all’aria aperta in spazi pubblici recuperati al degrado e spesso all’abbandono totale. Pertanto auspichiamo che a partire dai nuovi OSSERVATORI MUNICIPALI RIFIUTI ZERO istituiti dalla Delibera “Roma verso Rifiuti Zero” si avvii un dibattito pubblico e trasparente sulla necessità di operare il recupero urbano di strutture pubbliche dismesse od inutilizzate ed insieme ridare loro vita con un contesto molteplice di attività a servizio del bene pubblico dei cittadini residenti nel territorio e sulle modalità di gestione di questo patrimonio pubblico che puo’ essere veramente il motore di una nuova filiera di tutela ambientale, di nuova cultura e di nuovo lavoro e di autogestione economica nel quadro di attività sia solidali che di produzione di reddito ma non privatizzate.